- Chiara Cemmi
Traumi e Disturbo Post-Traumatico da Stress

“Il lavoro più importante del nostro cervello
è assicurare la sopravvivenza,
tutto il resto è
secondario”
Van Der Kolk
I tipi di traumi
La parola “trauma” deriva dal greco e significa danneggiare, ledere.
Quando usiamo questo termine in psicologia, soprattutto per chi utilizza la tecnica EMDR (Eyes Moviment Desensitization and Reprocessing) solitamente ci troviamo a distinguere due tipologie di traumi diversi:
1. i “traumi con la “t” minuscola”, ossia l’esperienza di eventi vissuti soggettivamente come disturbanti, che possono provocare una percezione di pericolo non particolarmente intenso o stati ansiosi. Questi assumono un significato molto importante nel benessere dell’individuo, soprattutto se avvengono in momenti di estrema vulnerabilità o se ripetuti sovente in infanzia;
2. i “traumi con la “T” maiuscola”, ossia l’esperienza di eventi che oggettivamente minacciano l’integrità fisica propria o di persona a noi molto care. Tra questi eventi vi sono incidenti, cataclismi, assistere o subire azioni violente, abusi che possono essere occorsi una sola volta nella vita o ripetuti nel tempo come maltrattamenti, neglecting, abusi intra-famigliari a cui si può essere esposti nell’infanzia.
Quando si ha subito o si ha assistito a questa seconda tipologia di eventi può svilupparsi della persona un Disturbo Post-Traumatico da Stress (DSM 5).
Cosa succede a livello cerebrale.
Cosa succede può succedere quando assistiamo o subiamo un “trauma con la “T” maiuscola”?
Il nostro Sistema Nervoso Centrale è sviluppato per proteggerci nel migliore dei modi possibili da ogni potenziale pericolo.
Il primo elemento importante a livello cerebrale è il talamo al quale arrivano le informazioni sensoriali e che ha il compito di inviare le stesse lungo due vie al fine di rispondere al meglio:
La via breve, nella quale sono coinvolge l’amigdala (che riceve le informazioni dal talamo e, essendo coinvolta nella gestione delle emozioni, stabilisce velocemente se è necessario o meno procedere con la processazione delle stesse), che “dialoga” con l’ippocampo (il quale permette un confronto immediato con situazioni passate) e che, se riconosce la situazione di pericolo, la trasmette subito all’ipotalamo (adibito all’attiva delle reazioni del Sistema Nervoso Autonomo a una situazione di pericolo).
La via lunga, nella quale il talamo invia le medesime informazioni anche alla Corteccia Prefrontale Mediale, situata nella parte più recente del nostro sviluppo cerebrale, nella parte più razionale dove possiamo essere consapevoli delle scelte e di ciò che ci accade e che ha la possibilità sia di fare da “torre di controllo” alle reazioni più istintive, sia di modulare o inibire le risposte della via breve.

La ricerca ha dimostrato che a seguito di un evento stressante c’è un’interruzione del normale modo di processare l’informazione da parte del cervello. La patologia in questi casi emerge a causa dell’immagazzinamento disfunzionale delle informazioni correlate all’evento traumatico, con il conseguente disturbo dell’equilibrio eccitatorio/inibitorio necessario per l’elaborazione dell’informazione.
Quando si subisce un trauma il nostro funzionamento cerebrale può subire una modifica: vi può infatti essere un’interruzione del consueto modo di processare l’informazione, che provocherebbe un costante squilibrio tra stati eccitatori/inibitori che limita la possibilità di elaborare l’evento stesso.
È stato infatti riscontrato come un cervello traumatizzato sembrerebbe avere una scarsa attivazione della corteccia prefrontale e una iperattivazione dell’amigdala: pertanto la risposta della via lunga risulterebbero molto più lente (e pertanto meno efficaci per ridurre la risposta fisiologica di paura scatenata dalla via breve), oppure l’amigdala, sovra-attivata, risponde sempre con segnali di pericolo anche a deboli segnali del talamo o assenza di indicatori di pericolo dell’ippocampo.
Come si riconosce un Disturbo Post-Traumatico da Stress.
Quando si ha nel nostro passato, più o meno recente, esperienze così vicine alla morte o così intensamente minacciose, può succedere che il circuito della “paura” sopra esposto di blocchi, che non vi sia una elaborazione dell’esperienza traumatica e che la stessa quindi sembri ripresentarsi nella nostra vita in molti modi differenti.
Ciò può manifestarsi in diversi ambiti e aspetti del proprio quotidiano:

si sperimentano sintomi intrusivi che riportano la nostra attenzione e le nostre sensazioni al momento in cui si è vissuto l’episodio traumatico; si evita in qualche modo la possibilità di rivivere ricordi spiacevoli, anche limitando le proprie attività del quotidiano per esempio; si fa esperienza di alterazioni negative di pensieri ed emozioni; si riscontra nel proprio comportamento un cambiamento nell’aumento dell’arousal (il livello di attivazione fisiologica dell'organismo) e della reattività a eventi esterni, rispetto a prima dell’evento traumatico.
Tali cambiamenti creano ovviamente, nella persona che li sperimenta, un disagio significativo e, a volte, anche la compromissione in alcune aree della propria vita (limitazione, ad esempio, nell’attività lavorativa, nella mobilità, problematiche nelle relazioni interpersonali). Può anche capitare che, assieme ai sopra citati sintomi, la persona possa fare esperienza di ciò che viene definito come depersonalizzazione (ossia la percezione di sentirsi distaccato da sé, come se si fosse un osservatore esterno di ciò che ci accade)o anche di derealizzazione (come quando il mondo intorno alla persona viene vissuto come irreale, onirico, distante o distorto).

Lo sviluppo di un PTSD dipende ovviamente da una serie di fattori, sia pre-evento (fattori pre-traumatici, derivanti dalla storia personale di ognuno di noi), sia relativi ad aspetti del trauma (la gravità, la percezione del pericolo, eventuali danni riportati e simili), sia ad aspetti post-evento (fattori post-traumatici, come la percezione di supporto, dolore fisico o gestione dei danni riportati, eventuale stress finanziario).
Quando si esperiscono tutte queste situazioni per un periodo di tempo significativo (e comunque non meno di un mese), significa che siamo di fronte al Disturbo Post-Traumatico da Stress.
Rivolgersi a professionisti per superare tale stato psico-fisico è molto importante: permette un ritorno a uno stile di vita migliore e sano per la persona.
Trattamento con EMDR
Vi sono diverse tipologie di trattamento previste in caso di PTSD che sono ritenute molto valide: la terapia cognitivo-comportamentale, la mindfullness, tecniche espositive per citarne alcune.
Vorrei però qui parlare di EMDR (Eyes Moviment Desensitization and Reprocessing)
Tecnica sviluppata da Francine Shapiro nel 1989, sfrutta i movimenti oculari alternati, o altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra, per ristabilire l’equilibrio eccitatorio/inibitorio.
La stimolazione bilaterale proposta nella tecnica EMDR, unita all’individuazione dell’immagine traumatica, delle convinzioni negative ad essa legate e del disagio emotivo, facilitano la rielaborazione dell’informazione, fino alla risoluzione dei condizionamenti emotivi. Così facendo, l’esperienza rivissuta in un contesto protetto, viene rielaborata in modo costruttivo per la persona e quindi integrata in uno schema di pensieri ed emozioni non più negative.
Il cambiamento cognitivo che la terapia EMDR evoca mostra che la persona ha la possibilità e la capacità di accedere a informazioni correttive, collegabili con la memoria traumatica.
Per qualsiasi informazione, dubbio o per come implementare i propri strumenti per far fronte a questo periodo, non esitare a contattarmi!
Fonti citate:
American Psychiatric Association. (2013). Manuale diagnostico e statistic dei disturbi mentali (5a Ed.): DSM-5. Trad. it. Raffaello Cortina, Milano 2014.
Shapiro F. (2013). Lasciare il passato nel passato. Tecniche di auto-aiuto nell’EMDR. Casa Editrice Astrolabio
Van Der Kolk B. (2015). Il corpo accusa il colpo. Raffaello Cortina Editore
https://www.istitutobeck.com/disturbo-post-traumatico-da-stress
https://www.stateofmind.it/tag/trauma-esperienze-traumatiche/
https://www.stateofmind.it/2017/07/cervello-traumatizzato/